L’isola del vetro di Dario Stellon

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Arrivati alle Fondamente Nove si prende la linea 41. I turisti non mancano. Macchine fotografiche. Zaini. Bottigliette d’acqua. Negli sguardi traspare la meraviglia di quello che i loro occhi stanno vedendo. Pochi minuti e si è arrivati. Loro da una parte, mentre io mi incammino per la fondamenta. Bastano pochi passi per entrare nelle atmosfere di un’isola del tutto particolare. Bastano pochi metri per trovarmi di fronte ad un’insegna storica. Salviati & C.

Siamo a Murano. E all’interno della fornace ci attende Dario Stellon, responsabile produzione di Salviati. Dario ha una particolarità. Anzi forse più di una. E’ giovane. E’ in gamba. E’ muranese.

Essere muranese significa non solo esseri nati in quest’isola, ma averne ereditato l’imprinting. Qui si respira un’arte. Si cresce con essa. Si vive per essa. Un’arte che ha nel vetro il suo elemento distintivo. Elemento che abbinato all’acqua che circonda l’isola e al fuoco utilizzato nelle fornaci, rende unico un prodotto esportato in tutto il mondo. Rende unico il dna dei suoi abitanti.

Il vetro qui non rappresenta solo un lavoro. E’ una missione. E’ un modo attraverso il quale interpretare la vita. E’ qualcosa che richiede passione, impegno e sacrificio.

Forse proprio per questo Dario poco più che ragazzo durante una chiacchierata con il padre, grande lavoratore e titolare della fornace di famiglia insieme allo zio, confessa le sue preoccupazioni: “… la vita che stai facendo richiede troppi impegni… non so se questa sia la mia strada”. Parole che Dario ricorda ancor bene oggi. Parole per certi aspetti profetiche. Gli impegni ci sono stati, eccome per Dario. Ma allo stesso tempo piano piano sono scomparsi i timori, soverchiati da una crescita e da un entusiasmo che hanno fatto amare questo mondo. Questo stile di vita.

Quello di Dario è stato un percorso lungo. A volte non sempre lineare. Entra a diciassette anni nell’azienda di famiglia. Entra dalla porta di servizio. Inizialmente come garzone. Dopo in moleria, a controllare la qualità dei pezzi.

All’inizio è disorientato. Anche se è un ambiente che da sempre conosce, non sono immediate tutte le dinamiche da capire. Una prima scoperta Dario la fa subito – “… Murano non è solo l’isola dei grandi Maestri vetrai… certo il loro peso e la loro fama è giustamente internazionale… però, Murano è anche l’isola di straordinari esecutori… coloro che danno forma alla materia, a un’idea del designer o di uno stesso Maestro vetraio…”. Riuscire a dare una produzione costante e continuativa a pezzi artistici. Questo è in sintesi il pensiero colto da Dario.

Dopo questo assaggio di vita legata al vetro, un primo cambiamento importante. L’azienda viene acquisita insieme alla Salviati e alla Venini dalla cordata guidata da Raul Gardini. Da azienda di famiglia, si passa ad un grosso gruppo industriale. Da proprietario a dipendente, ma soprattutto viene a mancare un’identità. Un posto di lavoro come riferimento.

Il primo incontro con Salviati non è idilliaco. Complice anche un momento personale di difficoltà, Dario decide dopo un paio d’anni di lasciare l’azienda per trascorrere un anno in un’altra fornace, la Vincenzo Mason, come responsabile di produzione. In quel periodo Dario passa tante ore a vedere la produzione. Una produzione diversa. Più artistica, non solo legata al soffiaggio.

Questo è un passo importante per Dario. Anche perché Dario non è un’artista. Non deve realizzare le opere, ma deve capirne tutte le dinamiche. “… io ho bisogno di vedere il vetro, non di farlo… sento la necessità di capire le cose nella loro globalità e allo stesso tempo di trovare delle risposte per farle perfettamente girare tra loro” – mi dice Dario, mostrandomi uno degli ultimi pezzi usciti dalla produzione.

Già perché nel frattempo la sua passione per il vetro aumenta. Il suo legame con Murano si solidifica. E qui un altro passaggio importante per Dario. Insieme allo zio, responsabile di produzione in Salviati, ma soprattutto mentore per il giovane muranese, progetta il ritorno proprio nell’azienda che aveva lasciato l’anno prima.

La Salviati nel frattempo era stata acquistata da un grande gruppo francese e Dario rientra nelle vesti di composizioniere. Le miscele di vetro. La magia del colore. E qui inizia pure anche la nuova avventura per Dario.

L’azienda era tutta da riorganizzare – “… è stato come imbarcarmi in una nave che stava per salpare per una grande impresa oceanica…”. Un mondo nuovo. Entusiasmante. E’ lì che inizia ad avere un approccio diverso all’azienda. Una visione d’insieme. Con l’esperienza di avere visto i diversi aspetti della produzione, ora non gli rimane che incastrare alla perfezione i differenti tasselli di questa attività.

E’ una sfida costante. Con se stessi. Con gli altri. Con una proprietà, che arrivava dal vetro industriale e quindi non capiva le dinamiche dell’azienda Salviati – “… un mondo che sentivo mio e che formalmente non lo era” e continua Dario “… volevo difendere l’identità del vetro di Murano”.

E’ in questa fase di co-direzione dell’azienda insieme allo zio, che Dario riceve una spinta di entusiasmo e di energia così forte, che gli permetterà di combattere per questa azienda. In nome di questa azienda.

Arriva anche il momento di prendere in mano il timone della nave da solo. Lo zio va in pensione e a ventiquattro anni compiuti, Dario si ritrova a traghettare un marchio nella storia. I sentimenti sono contrastanti: “… mi sentivo molto arrabbiato e allo stesso tempo molto impaurito… rabbia per lo scollamento che c’era tra il mio amore per l’azienda e le incomprensioni con la proprietà… paura perché mi ritrovavo nel momento topico ad essere da solo”.

Ma la vita è fatta di straordinari incontri. Proprio in questo importante frangente arriva in azienda una persona, che seppur giovane pure lei, riuscirà a supportare Dario nelle scelte più delicate. E quasi contestualmente arriva in azienda anche il nuovo direttore. Per Dario saranno due persone fondamentali. Con la prima perché s’instaurerà una straordinaria sintonia lavorativa. Con la seconda invece gli si aprirà un nuovo mondo. Un mondo fatto al di fuori di Murano. Di viaggi di lavoro. Dell’apprendimento di una nuova lingua e della capacità di dialogare con tutti – “… posso comunicare con il mondo… prendo coscienza di questo… per un ragazzo che è nato in un’isola e con una conoscenza dell’inglese alquanto limitata… è stato uno slancio propulsivo non indifferente”.

Con il vento in poppa e il tragitto segnato, per Dario non rimane che gridare “avanti tutta”. E’ il 2003, in azienda arriva un altro nuovo dirigente, il quale ha l’intelligenza di capire che il modello di portare avanti l’azienda di Dario e dei suoi più stretti collaboratori è vincente. Dà piena responsabilità a Dario e i risultati premiano la scelta.

“… è stato il periodo professionale più entusiasmante della mia vita… chi entrava da noi, chi si trovava a lavorare con noi percepiva un’energia dilagante… grandi designer che dialogavano con noi giovani e rimanevano affascinati da questa dimensione… individuavamo di cosa avesse bisogno l’azienda e prontamente ne trovavamo la risorsa… siamo riusciti a fare cose entusiasmanti… ogni giorno si superava un proprio limite…” racconta Dario con gli occhi lucidi per il ricordo.

Il percorso di Dario si era compiuto. Aveva la visione completa dell’azienda. Trovava risposte agli interrogativi. Forniva soluzioni ai problemi. Meccanismo perfetto se non fosse che nel 2006 arriva un nuovo cambiamento societario. I nuovi dirigenti non capiscono, non percepiscono tutto ciò e complice una situazione economica internazionale alquanto difficile, l’azienda perde quella sua verve d’eccellenza.

Arriviamo ai giorni nostri. Alle difficoltà che caratterizzano un sistema impresa. Alla gestione dell’azienda Murano. Alla gestione di una produzione di vetro d’alta gamma. Alla necessità di costruire qualcosa insieme. Il dialogo tra le diverse realtà imprenditoriali. Il cambio di una mentalità, forse ormai troppo limitata. La definizione di nuove prospettive di lavoro legate al vetro di Murano. Sono proprio queste le nuove sfide che dovrà affrontare Dario e tutti coloro che lavorano e vivono in questa splendida isola.

Prima di lasciarci Dario mi confida che il suo sogno è quello di vivere il suo lavoro come se fosse qualcosa di suo. Un’estensione del proprio essere.

Bene Dario non ti rimane che cominciare. Ricominciare. Riprendere il tuo fantastico viaggio all’insegna di una nuova sfida. C’è un’isola da salvare. Una storia. Una tradizione che deve continuare ed evolvere anche nel prossimo futuro.

Issate le vele. C’è una nuova impresa da compiere.

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