Un adolescente di terza età – Claudio Giovenzana

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Cosa fareste con una seconda vita a disposizione?

Una domanda ingombrante, che lascia intravedere che ciò che abbiamo fatto non ci ha completamente soddisfatti. O magari non abbiamo avuto il necessario tempo per fare tutto quello che desideravamo.

Cosa succede se questo interrogativo se lo pone un non ancora trentenne? Può accadere che dalle parole si passi ai fatti. Che un pensiero si trasformi in azione. Che una nuova vita abbia inizio.

Marocco, Natale del 2007. Il ragazzo in questione sta leggendo il giro del mondo in Vespa di Giorgio Bettinelli. I suoi dubbi cominciano a diventare certezze. La smania che lo accompagna da un po’ si tramuta in energia di rinnovamento. “L’idea era quella di aprire una parentesi… sospendere quello che stavo facendo per costruire qualcosa di nuovo…” – A parlare è Claudio Giovenzana. Laurea in psicologia. Due master di specializzazione alle spalle. Un lavoro nel campo sociale.

“Ho fatto tutto ciò che c’era da fare… tirocinio, corsi di formazione, lavorato tantissimo… co.co.pro. … co.co.co… cooperativa sociale… lavori diversi accomunati da impegno, sacrificio e dedizione… più andavo avanti però, più mi accorgevo che la qualità della mia vita era bassa…” mi racconta Claudio.

Di fronte a questo malessere, Claudio reagisce. Viaggi e storie gli illuminano la strada. Gli fanno da spartiacque tra un prima e il dopo. Ad aiutarlo viaggiatori come Chatwin, reporter come Terzani.

“… la mia idea non era solo quella di viaggiare… io sentivo la necessità di raccontare… raccontare la storia di persone orientate alla felicità…”. Definito questo, mancava solo di decidere il mezzo per gli spostamenti. La scelta ricade su una Moto Guzzi “California” del ’97. Per prepararsi al viaggio otto mesi in un’officina meccanica – “… dovevo prepararmi per intervenire manualmente sulla moto in caso di guasti… e poi mentalmente… mi serviva un arco di tempo per capire che quello che stavo facendo era la scelta che volevo…”.

Una preparazione tecnica ed interiore. Una consapevolezza che è divenuta tale solo nel momento della partenza. Biglietto aereo in mano. Moto spedita. Ad accompagnare Claudio Giovenzana in questa avventura il Toporso – “… un orsacchiotto… è il simbolo di questo viaggio… un viaggio che definirei di un adolescente di terza età… il punto d’incontro tra il mondo reale e la capacità di sognare… un viaggio fatto con il disincanto dei bambini…” mi dice Claudio con voce vibrante.

Il viaggio ha inizio. Prima tappa New York. Poi Canada. Discesa nella West Coast. E ancora Messico, Guatemala e poi di ritorno in Messico. Tre anni sono trascorsi. Tre anni di viaggio. Tre anni in viaggio. Tre anni dall’inizio della seconda vita di Claudio.

Un riferimento sul web. Longwalk, immagini, video e testi che immortalano gli incontri fatti. Modalità diverse per comunicare emozioni.

Un libro. Transcanada. Il racconto dei primi 10.000 km. 130 pagine di parole e foto.

Collaborazioni. Diverse. Quotidiani, magazine e altro ancora ospitano le testimonianze di Claudio.

“… se guardo indietro a questi tre anni trascorsi mi sembra un sogno… o meglio ancora tanti sogni… quelli che sono riuscito a vivere attraverso gli occhi e le parole delle persone che ho incontrato… sogni non come qualcosa di onirico… ma come desideri… qualcosa di tangibile… realizzabile…”, sottolinea Claudio.

La città di Taxco, 150 km da Città del Messico, è il luogo dove Claudio si è fermato a raccogliere idee ed a consolidare la sua altra professione di fotografo, ma è solo una nuova tappa. L’intenzione di Claudio è quella di riprendere il viaggio prima a Nord del Messico per poi invece dirigersi vero il Chiapas – “… è la parte più indigena di questa terra… da lì il Guatemala per poi scendere a sud… in Argentina”.

Nel frattempo Claudio ha diversi progetti. In questo momento di apparente staticità, la sua mente è in continuo movimento – “… questa pausa mi serve anche un per mettere su carta quello che finora ho fatto… sto scrivendo nuovi racconti… sto pure riorganizzando il materiale video e fotografico… è necessario per capire quello che ho fatto e quello che potrò fare…”.

La cosa che lascia più entusiasti di Claudio però è la serenità. Sentirlo parlare, vederlo gesticolare lascia intravedere che la strada che ha intrapreso è quella giusta – “… i confini di questa mia nuova vita si stanno sempre più delineando… vado avanti e mi accorgo che voglio sempre più essere un reporter… focalizzarmi sulle cose che contano… voglio studiare e applicare questo stile narrativo ai miei incontri… incontri diversi, ma che hanno come tratto comune il tema fondamentale della nostra esistenza… la felicità”, questa volta mi dice sorridendo Claudio.

La narrativa come terapia. Potremo sintetizzare così il lavoro di ricerca di Claudio. Un lavoro che si sta affinando sempre di più. Un viaggio che ha avuto un suo inizio, ma forse che non avrà una fine. Un percorso particolare, che mette al centro l’uomo. I suoi sentimenti.

Una speranza che prende forma. Un’insoddisfazione che innesca un cambiamento. La costruzione di una nuova vita che ha preso forma da un sogno.

Non è semplice quello che Claudio Giovenzana sta facendo. Non si tratta di mettersi in moto e viaggiare. La moto qui è solo un mezzo di trasporto, forse il più idoneo per il tipo di viaggio, ma la cosa va ben oltre. Si tratta di sostenere con dei contenuti, dei buoni contenuti quello che si vede. Quello che si sente.

Sono da poco trascorse le 18 qui in Italia. Da qualche minuto ho terminato la chiacchierata con il Messico. Mi metto a sfogliare Transcanada. Ricordo le parole di Claudio, che ora di anni ne ha trentuno. Vedo i risultati di quello che ha fatto. Sogno pure io. Gran bel lavoro Claudio. Complimenti.

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