Il linguaggio del corpo – Isabella Moro

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Ci diamo appuntamento davanti alla scuola. Non è ancora orario di uscita, ma il suo corso si conclude prima. Ragion per cui il giardino antistante l’edificio è di un’insolita tranquillità. Manca il chiacchiericcio dei genitori in attesa. Mancano le grida e le corse degli alunni in uscita. A muoversi ci sono solo le piante, sospinte da un leggero vento e i pensieri, che non trovano motivo per rimanere immobili.

Alle 15 in punto si apre la porta. Avvolta da un arancione giaccone e con uno zaino sulle spalle, Isabella Moro s’incammina verso di me. Il suo passo è armonioso. Il portamento è quasi regale, ma una cosa risalta più di tutte. Il suo sorriso. Con esso elimina ogni imbarazzo e trasmette un forte senso di serenità. Un saluto veloce e poi insieme riprendiamo a camminare come se dovessimo riprendere un discorso in sospeso. Pochi metri e non trattiene la gioia nel raccontarmi le emozioni che ha provato pure oggi.

Non manca una volta che non esca con qualcosa in più da quelle aule… dovrebbe essere rivisto il termine insegnante o almeno redistribuito tra i bambini e il docente” mi dice mantenendo il suo sorriso e poi conclude: “lasciare la libertà di esprimersi attraverso la danza, la gestualità del corpo, il linguaggio non verbale dovrebbe essere una forma di educazione personale mantenuta per l’intero cammino dell’esistenza di una persona…”.

Isabella entra subito sul tema di quello che sta facendo (molto bene, ndr) oramai da un po’ di anni. Questi suoi progetti di danza educativa che sta portando avanti nelle scuole stanno ricevendo il plauso da parti diverse. Scuola e famiglie si ritrovano di comune accordo nel capire il valore di un approccio comportamentale che non fa leva sulle regole, ma sulla libertà d’espressione del singolo.

Io non insegno coreografie… non c’è una sequenza di passi da rispettare… l’unica cosa da rispettare è la diversa personalità che ogni bambino ha… metterlo nelle condizioni di comunicare con il proprio corpo senza sentirsi minimamente giudicato”, mi dice Isabella. E’ proprio dalle sue parole, da come parla di ciò che sta facendo, che si capisce l’amore che mette in tutto ciò. Poi alzando il tono della voce quasi a voler sottolineare l’importanza del concetto aggiunge: “non ci sono movimenti corretti e movimenti sbagliati… quello che fanno è intrinsecamente giusto nel momento stesso che decidono di farlo… non esiste il commento bravo è giusto così nei corsi che faccio”.

Arriviamo davanti ad un bar. Ci sediamo a prendere un caffè e un po’ di quel sole che fa ben sperare in una primavera anticipata. Isabella ha ancora una manciata di minuti da dedicarmi prima di tornare a casa dal suo pargolo. Da più di un anno e mezzo è diventata madre pure lei e questo nuovo ruolo sociale non ha fatto altro che amplificare la sua già elevata sensibilità d’ascolto nei confronti degli altri. A partire proprio dai bambini.

Certi giorni mi metto lì a guardarlo… rimango rapita da quello che fa… come comunica… i suoni emessi dalla sua bocca… i flessibili movimenti di un corpo completamento elastico… gli sguardi attenti di un occhio mai sazio di scoprire”. Si capisce che proprio questa maternità è un grande regalo per Isabella. E’ come se ora avesse la possibilità di toccare con mano i risultati di ciò che cerca di trasmettere durante i suoi corsi. Certo si avverte anche l’impegno di cosa significhi lavorare e al tempo stesso essere madre. Però anche su questo Isabella sembra aver trovato un suo equilibrio: “non credo di essere una madre apprensiva, ma concentrata sì… nel senso che avendo dei tempi da gestire tra casa e lavoro, quando sono con mio figlio, decido di essere con lui, voglio esserlo al 100%… è per questo che non dico che mi isolo, ma nemmeno voglio farmi distrarre da continui stimoli che contraddistinguono la vita di tutti noi…”.

Poi inizia a parlarmi del suo amore per la danza. Amore che è andato oltre alle difficoltà incontrate. Amore che è durato anche quando sembrava che non ci fosse più spazio per lei in quel mondo. Quando un differente lavoro sembrava volergli strappare di dosso la sua passione. Quando le circostanze della vita portano a compiere scelte spesso non semplici da fare. Lei che ha potuto ballare generi diversi di danza, lei che con il suo corpo ha dato forma a ritmi anche lontani tra loro, proprio lei, le sue parole, il suo modo di fare, il suo modo di essere sembra avvicinarsi ad una danza contemporanea dove la regola predominante porta il nome di libertà. Spariscono le conseguenze anche estreme di una competizione sfrenata legate al dover emergere a tutti i costi attraverso la danza. Parlando con Isabella Moro viene meno anche il concetto di prima ballerina. Quello che primeggia sono altri valori. Ad esempio l’unicità di ogni singola persona.

Mi racconta anche di quali sono i suoi progetti. Parte prima ricordando l’esperienza umana fatta anche con un gruppo di anziani. Dove ha dovuto imparare nuove regole di approccio. Dove ha imparato il significato della parola rispetto. Dopodichè invece mi spiega sempre con il suo modo coinvolgente, dato da chi ama ciò che fa, come si vorrebbe anche specializzare su quella fascia di età che attualmente le manca, quella dai zero ai tre anni, periodo della vita che ritiene fondamentale per veicolare una consapevolezza legata alla linguaggio del corpo.

Prima di concludere le chiedo maniera più puntuale di descrivermi in cosa consiste una lezione di danza educativa. Per la prima volta la vedo incerta nel rispondermi. Mi fissa per qualche istante e poi rivolge lo sguardo al cielo e mi dice: “sarebbe come se dovessi descriverti un sogno… risulterebbe qualcosa di incompleto… nei miei corsi c’è musica, ma non rumore… spesso c’è un tema, ma può essere anche accessorio… c’è movimento, ma è privo da costrizione… ci sono dialoghi, ma non è detto parole… c’è un’unica costante… ci sono bambini… tanti… diversi… persone con una differente identità… ognuna meravigliosa…”.

Alzandosi si congeda e riprende il suo cammino, regalandomi prima un altro suo sorriso. Anch’io riprendo la mia strada con una certezza in più. La bellezza di una persona che ha fatto di una sua passione un modo per comunicare meglio con gli altri.

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