Il prof che avrei voluto – Piero Formica

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Ogni volta che lo incontro, ogni volta che ci sentiamo, cerco di essere una spugna. Quello che dice, come lo dice, mi fa un po’ luccicare gli occhi. Sarà che vedo in lui quel professore che ho sempre desiderato avere. Ricco di conoscenza. Generoso nel condividerla. Capace nel divulgarla.

I suoi non sono tanto insegnamenti. Sono racconti, storie che innescano il meccanismo della riflessione e curiosità. E’ il suo approccio che lo rende così tremendamente catalizzante. Non ci sono gabbie precostituite nel suo parlare. Sono presenti invece concetti di ampio respiro, che non si fermano ai confini di un singolo tema.

Con lui è possibile commentare fatti economici parlando di filosofia. Attualità prendendo spunto dalla storia. Tecnologia facendo riferimento alla fantasia. Insomma discutere di vita usando tutte le metafore che la vita ci mette a disposizione.

Ne approfitto della sua sosta in Italia per fare una nuova chiacchierata con lui. Non è cosa semplice, visto che come docente gira il mondo tra Pechino, Ryadh e Dublino, solo per citare alcune tappe del suo insegnamento.

Siamo a Bologna e a pochi minuti dalla presentazione del suo ultimo libro “La Vista di Linceo”, Piero Formica mi accoglie con la sua solita proverbiale disponibilità.

Il professore PIERO FORMICA, durante l'incontro La filiera dell'Idea (ph. by Alfredo Montresor)

“… in questo periodo c’è un acceso dibattito sul nucleare… sai che il concetto di fusione è basilare per il rilancio dell’Italia? Non spaventarti non faccio riferimento alle centrali nucleari, bensì alla modalità di trasferimento della conoscenza nelle imprese… da noi ci sono troppi esperti, troppi consulenti, mi ci metto anch’io troppi professori… l’Italia è orientata alla fissione, prevale la visione riduttiva dei consulenti… occorre invece creare fusione, energia imprenditoriale… il consulente deve cambiar professione, fondersi con il team imprenditoriale, esserne l’allenatore… il motore di un meccanismo che mette insieme diverse parti complementari tra di loro…”.

Ancora una volta Piero riesce a stupirmi. Mi fa visualizzare un pensiero. Mi conduce all’interno di un problema, indicandomene i limiti, ma anche le soluzioni.

Dopo una pausa per sorseggiare un caffè, Piero continua: “… il mondo della consulenza si basa sul principio dell’esperienza… l’esperto ha però un difetto, è sbilanciato….. sbilanciato solo su ciò che conosce… per questo impone una saggezza convenzionale… questo è un grosso problema, perché se un imprenditore ha un’idea apparentemente strampalata… il consulente non riesce a dare una valutazione oggettiva… mentre per chi fa impresa oggi è necessario avere una vista lunga… e con i consulenti questo non è possibile… se poi la maggior parte delle aziende sono medio piccole, con orizzonti ristretti… il Linceo non ha spazio!”.

Mi ha anticipato. Non ho fatto in tempo a chiedergli di cosa tratta il suo nuovo libro che Piero me ne sta già facendo regalo parlandomene a suo modo. Con lo stile che lo contraddistingue. Ad un certo punto vedo che il suo sguardo viene attirato dalla pagina di un giornale aperto. E’ un articolo sulla manifestazione dei giovani precari svoltasi in questi giorni.

“… vedi questo è un altro problema di approccio culturale… di limiti del pensiero… hai mai sentito parlare della Singularity University? E’ una nuova visione dell’università… non c’è più una suddivisione per dipartimenti… ma c’è una coevoluzione della conoscenza… ciascun studente può uscire da questo percorso di studi ed essere molte cose allo stesso tempo… immagina di vedere un geologo, ma che allo stesso tempo ha le basi per essere un bravo scenografo… è da qui che nasce l’innovazione… occorre mescolare sostanze equipotenti… lettere con la matematica… i ragazzi non devono pensare all’università come ad un pezzo di carta e sulla base di questo scegliere la facoltà… occorre far passare il messaggio ai giovani che devono essere loro ad orchestrare gli impulsi che gli vengono trasmessi… invece siamo fermi a riforme burocratiche dell’università italiana, con una visione culturalmente ristretta…”.

Vedo come Piero si animi parlando di queste cose. Si percepisce come vorrebbe ampliare la visione di ciò che ci circonda. Le sue parole vibrano di una luce di un auspicato cambiamento. Infatti continua: “… noi continuiamo a fare il mattone come la facevano i nostri padri… facciamo l’innovazione di routine, nei migliori dei casi innovazione incrementale… ma non siamo in grado di guardare oltre l’orizzonte visibile a occhio nudo… quanto si parla nel nostro Paese di nanotecnologie o di altre tematiche che potrebbero fare la differenza nell’età emergente del Rinascimento imprenditoriale?”.

Mentre lentamente ci incamminiamo verso la sala che ospiterà il suo intervento, Piero guardandomi negli occhi mi dice: “… poi c’è un altro problema… che fine fanno i profitti aziendali? A favore della finanza speculativa e non dell’innovazione, più rischioso investire nelle idee imprenditoriali di giovani ventenni anziché in Lehman Brothers!….… e questa è la spada di Damocle del perché la produttività non cresce… il Paese cresce poco… quindi aumenta la battaglia per la coperta pubblica, ma questa non può diventare più grande per le restrizioni europee legate al nostro debito pubblico… tutto ciò crea tensioni sociali… tensioni che solo in parte sono emerse…”.

Dicendo ciò s’intravede in Piero il suo essere realista. Quello che di fronte ad un mezzo bicchiere d’acqua, vede esattamente il bicchiere riempito a metà. Ne di più, ne di meno. Però allo stesso tempo ha una sua percezione di come si possa uscire da un meccanismo che si è inceppato.

“… da una situazione di questo tipo se ne può uscire in due modi… o le tensioni sociali aumentano a tal punto da imporre il cambiamento… lo shock che crea un mutamento… anche se questa è una strada dolorosa e nemmeno è detto che il Paese sia in grado di risvegliarsi da un lungo letargo nonostante ciò… l’altra invece è legata ad una minoranza di giovani… quella che a me piace definire i nomadi della conoscenza, i globetrotter dell’imprenditorialità… dalla Cina, all’India passando per la Silicon Valley… bene se alcuni di essi, che hanno una radice italiana anche se sono concettualmente globali… riescono a sfondare… potrebbero risollevare le sorti di questo nostro Paese… un Paese che oggi non dà voce a queste brillanti risorse, ma che attraverso le diverse associazioni di categoria supporta solo la meccanica avanzata e il made in Italy… sicuramente giocatori fuori classe, ma non sufficienti per formare un team Italia che possa giocare con successo in seria A….

E’ giunto il momento di lasciarci. Piero, il professor Piero Formica si accinge a parlare di fronte ad una platea. L’incontro ha un tema “Innovazione, un treno che l’Italia non può perdere”.  Sotto il suo braccio tiene il volume “La vista di Linceo – Cronache e storie dell’Innovazione”. La sala si aspetta una presentazione di un libro. Non sanno ancora che riceveranno molto di più.

Alla prossima Piero.

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